La Banca Italiana di Costruzione è costituita a Genova nell’agosto 1871, con capitale di 6.000.000 di lire, in un periodo di grande sviluppo per le banche nel capoluogo ligure, quando gli istituti di credito sono destinati ad apportare una propria specifica funzione all'interno del sistema economico che richiedeva lo sviluppo di determinati settori. Nel caso di Genova, per esempio si avverte la necessità di accrescere la quota di investimenti immobiliari da parte di istituti di credito. A tale scopo la Banca Italiana di Costruzione diventa un centro di integrazione fra banchieri, armatori, commercianti e imprenditori nel campo edilizio. La Banca nel giro di pochi anni si assume l'impegno di grandi opere in Liguria, nonché nell'operazione di via Roma a Genova, dove la banca presenta otto progetti per costruire altrettanti palazzi (per un numero complessivo di 986 vani) per un costo di oltre un milione di lire; inoltre la Banca è impegnata negli interventi di ampliamento urbano di Roma. Dal 1874 al 1879 è dunque protagonista della costruzione di via Roma ed è strettamente legata alle vicende dell'Esquilino, e pochi anni dopo, nel 1883, è interessata come appaltatrice nelle infrastrutture ferroviarie della riviera di levante, per oltre 4.000.000 di lire. Il 10 febbraio 1886 la Banca Italiana di Costruzione è posta in liquidazione, con alcuni anni di anticipo rispetto ai grossi crolli torinesi e romani di altri istituti collegati alla speculazione edilizia. Le perdite da parte dell'istituto sono evidenti, raggiungendo il 70% del capitale versato (2.350.505 lire su 3.083.250). Ai soci viene proposto di rimborsare loro le azioni al 12%. Il crollo della Banca Italiana di Costruzione colpisce in modo evidente tutto l'ambiente finanziario della piazza genovese.