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Banca Cooperativa del Piccolo Credito Novarese

Novara (NO)

Data di costituzione: 29 ottobre 1903

Data di incorporazione: 2 ottobre 1930

Novara (NO)

Fu fondata il 29 ottobre 1903 con atto del notaio Angelo Filippetti di Novara per volontà della curia novarese, che vedeva concretizzarsi le aspirazioni di avere un istituto di credito cattolico. L'atto di costituzione indicava la nuova realtà come società anonima cooperativa a capitale illimitato con lo scopo di estendere il credito ad associazioni di mutuo soccorso, casse rurali e cooperative, ma in senso più generale quello di far progredire la piccola imprenditoria agricola e industriale. Il successo fu immediato e già l'anno successivo i soci erano 390, per la stragrande maggioranza esponenti del clero, con 2.600 azioni (ogni socio poteva possedere massimo 250 azioni) per complessive 45.000 lire. La direzione fu affidata ad Ambrogio Adami.
Dal 1911 si vide un sostanziale progresso del Piccolo Credito Novarese, coincidente con la presidenza Cattaneo: i soci salirono a 1.404 e le azioni a 37.882, i depositi a 123.600 lire e si procedette all'apertura di sportelli a Galliate, Cannobio, Borgomanero, Arona, Varallo Sesia, Borgosesia e S. Maria Maggiore. La sua forza e solidità si manifestarono anche al momento della fusione per unione con il Piccolo Credito Casalese nel 1910. Questi si era troppo esposto finanziando la Società anonima officine elettrochimiche dottor Rossi di Legnano ed ora era prossimo al fallimento, per scongiurare il quale la chiesa casalese si era rivolta a quella novarese. L'acquisizione della banca casalese gravò sul bilancio del Piccolo Credito Novarese e in particolare portò ad un forte immobilizzo per oltre 12 milioni di depositi. Subito ci fu il problema di come reperire il denaro per sostenerne l'attività. A complicare l'azione della banca novarese fu l'emergere nella gestione della banca casalese di numerosi illeciti.
Gli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra videro il fallimento di numerosi istituti di credito fratelli del Piccolo Credito Novarese e così per evitare che la chiesa fosse coinvolta, nel 1910 un decreto della Sacra Congregazione Concistoriale decretò il divieto ai religiosi di avere incarichi negli istituti di credito, salvo con il permesso della Santa Sede. Ciò portò anche nel Piccolo Credito Novarese ad una ristrutturazione del Consiglio d'amministrazione: ciononostante la chiesa novarese mantenne alcune figure al suo interno, che ne caratterizzarono la natura e diressero l'agire d'indirizzo della banca. Nel 1914, rifiutò l'adesione alla Federazione bancaria, preferendogli la cattolica Unione economico-sociale emanazione dell'Azione cattolica, così da rimarcare la natura dell'istituto.
Nel 1920 si trasformò in società anonima, esito ultimo di una lotta interna tra fautori ed oppositori di un allargamento della base votante, anche se così avrebbe definitivamente abbandonato la sua natura prettamente locale per aprirsi ad investimenti su più ampio raggio, ma anche più rischiosi.
Il Piccolo Credito Novarese nel 1921 investì un'ingente quota delle sue riserve, circa 40 milioni al 1% per 5 anni, nel Consorzio bonifiche ferraresi, sicuro della bontà dell'affare, dato che nello stesso era impegnato anche il Banco di Roma. Allo scadere del primo prestito il Piccolo Credito Novarese rientrò del capitale e concesse un secondo prestito di 30 milioni di lire, ma contestualmente la banca romana si toglieva dall'affare lasciandolo come principale istituto prestatore. Il Consorzio dava in garanzia le proprie azioni, che in effetti tennero il mercato sino al 1930, tuttavia anche quando queste iniziarono a perdere valore la banca novarese non sembrò cogliere l'imminente pericolo. Inoltre a garantire sulla bontà dell'investimento ci fu anche il governo fascista, che rassicurò il Piccolo Credito Novarese e lo invitò a investire altro denaro nelle Bonifiche ferraresi. La realtà era ben diversa, e la situazione del Consorzio era ormai compromessa e con lei anche gli investimenti dell'istituto novarese.
Nell'agosto del 1930, il Consorzio chiese il concordato preventivo. Il Piccolo Credito Novarese a quel punto non ebbe più la forza di sopravvivere e fu lo stesso governo nazionale a consigliarne l'incorporazione alla Banca Popolare di Novara, la quale si rese ben disponibile dettando al contempo le sue richieste. La decisione di coinvolgere la Popolare nel futuro della banca cattolica mostra la sinergia tra governo e la direzione dell'istituto novarese, che la considerava in linea con la politica bancaria fascista.
Benché il Piccolo Credito Novarese volesse ancora trattare per la sua sorte con i creditori, il governo e la direzione della Popolare avevano già preso la loro decisione «considerata l'inquietudine del pubblico e l'eventualità di complicazioni per il dissesto delle Bonifiche, [era] parsa soluzione più sicura la fusione del Piccolo Credito Novarese con la Banca Popolare. Tale [era] la decisione del governo» .
Fu Enrico Giardini, direttore generale della Banca Popolare di Novara, anche se non del tutto convinto della scomparsa del Piccolo Credito, a comunicare ai vertici della banca cattolica che era stato Mussolini a volere «la fusione con la garanzia dello Stato per le perdite relative» . L'accordo di incorporazione stabilì di riconoscere 1 azione ogni 20 del Piccolo Credito oltre ad ottenere dallo Stato un forte indennizzo per l'incameramento delle passività. A risentire dell'acquisizione furono gli azionisti e soprattutto le istituzioni cattoliche che avevano acquistato un gran numero di titoli del Piccolo Credito Novarese. Da questa operazione la Popolare ne uscì rafforzata sia dal punto di vista dei capitali ottenuti dall'incorporazione, dato che i correntisti della banca cattolica si erano rivolti a lei (nel solo mese di settembre 1930 oltre 52.000.000 di depositi a risparmio in più per la Banca Popolare di Novara), sia perché in questo modo la Banca Popolare di Novara si legò ancora di più al governo, grazie al cui sostegno riuscì ad ottenere dalla Banca d'Italia coperture per le perdite vicine ai 113 milioni di lire.


Sede legale

  • Novara (NO)

Forma giuridica

  • [1920] Società anonima
  • Società cooperativa

Categoria bancaria

  • Banca di credito cooperativo

Fonti archivistiche

  • ASBI - Archivio storico Banca d'Italia (Roma)
    Fondo Banca d'Italia, sottofondo Vigilanza (1926-1961)
    Registro n. 2
  • Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte - sede di Novara (Novara)
    Camera di commercio di Novara, Registro imprese - Fascicoli

Fonti bibliografiche

  • La Banca del Piccolo Credito Novarese 1904-1927, Novara, Tipografia S. Gaudenzio, 1928
  • La banca di prét. Storia della Banca Piccolo credito Novarese, Casarino Giambattista, Tosca Franco (a cura di), Novara, Corriere di Novara, 1980

Autore: Giacomo Lorandi | Ultima modifica: 13 febbraio 2023